giovedì 12 maggio 2011

Insetti nell'ambra.

Quando si riebbe, non era più sul campo da golf. Era legato a una poltrona gialla in una cabina tutta bianca, a bordo di un disco volante diretto a Tralfamadore.

"Dove sono?" disse Billy Pilgrim.
"Prigioniero di un blocco d'ambra, signor Pilgrim. Siamo dove dobbiamo essere in questo momento, a cinquecento milioni di chilometri dalla Terra, e procediamo verso una distorsione temporale che ci permetterà di arrivare a Tralfamadore in poche ore anziché qualche secolo.
"Come...Come ho fatto ad arrivare qui?"
"Ci vorrebbe un altro terrestre per spiegarglielo. I terrestri sono bravissimi a spiegare le cose, a dire perché questo fatto è strutturato in questo modo, o come si possono provocare o evitare altri eventi. Io sono un tralfamadoriano, e vedo tutto il tempo come lei potrebbe vedere un tratto delle Montagne Rocciose. Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvertimenti o spiegazioni. E', e basta. Lo prenda momento per momento, e vedrà che siamo tutti, come ho detto prima, insetti nell'ambra."
Lei mi dà l'aria di non credere nel libero arbitrio" disse Billy Pilgrim.

"Se non avessi passato tanto tempo a studiare i terrestri" disse il tralfamadoriano, "non avrei la più pallida idea di cosa intendete per libero arbitrio. Ho visitato trentun pianeti abitati dell'universo e studiato i rapporti su altri cento. Solo sulla Terra si parla di libero arbitrio."

[K. Vonnegut, Mattatoio n. 5, Feltrinelli, 2003]

mercoledì 11 maggio 2011

N.

Te non sei informata, gli dicevo alla voce, ma la poesia contemporanea attraversa una terribile crisi. Tutti i dibattiti tra i poeti contemporanei dicono tutti che è impossibile, oggi, fare poesia, gli dicevo alla voce. E non è mica una cosa recente, gli dicevo. Era stato tutto previsto all'inizio del secolo da un gruppo di poeti russi lungimiranti, i nullisti di Rostov sul Don. Un gruppo d'avanguardia oggi completamente dimenticato, gli dicevo alla voce, ma all'epoca molto famoso. A Rostov sul Don, erano talmente famosi, i nullisti, che nullista era diventato sinonimo di poeta. Una fama talmente grande che aveva scatenato le invidie dei poeti della capitale. I nullisti sono pulci in una casa deserta! strillava Andrej Belyj per le vie di Pietroburgo, gli dicevo alla voce. Il fatto è che i nullisti, i poeti Rjurik Rok e Devis Umanskij, avevano un concetto talmente basso dei poeti e dei letterati in generale, gli dicevo alla voce, che rischiavano di screditare tutta la categoria. Domani proverò a spaccare l'arte, dammi una mano tu, compagno Lenin, se no io finirò, tanto son sciocco, nella tristezza nuda e disperata, scrisse Rok subito dopo la rivoluzione, gli dicevo alla voce. Ma più i nullisti scrivevano, più si davano addosso e più avevano successo, più arrivavano sovvenzioni, riconoscimenti, inviti. Tanto fecero, tanto brigarono, che alla fine fondarono una casa editrice, la chiamarono Borodac, gli dicevo alla voce, il barbone, significa. Per prima cosa stamparono un manifesto, che chiamarono Manifesto del nullismo. Un testo breve, che riscosse uno strepitoso successo in tutte le Repubbliche Socialiste Sovietiche. Soprattutto perché, dicevano i detrattori, gli dicevo alla voce, faceva leva sulla tradizionale inclinazione dei russi alla pigrizia. Recitava così:

Manifesto del nullismo

Non scrivete nulla
Non leggete nulla
Non dite nulla
Non stampate nulla.

E così fecero, gli dicevo alla voce, con un secolo di anticipo sui poeti contemporanei, che nei dibattiti continuano a dire che non è possibile scriver poesie e poi dopo appena hanno la possibilità di pubblicare pubblicano anche a pagamento.

[P. Nori, Spinoza, Einaudi Stile Libero, 2000]

Calmo?

Avrei dovuto sospettarlo. I miei colleghi mi considerano un uomo calmo, posato, riflessivo. Calmo, certo; ma molto spesso durante la giornata la testa si mette a rombarmi, sordamente come un forno crematorio. Parlo, discuto, prendo decisioni, come tutti; ma al bar, davanti a una buona grappa, immagino che entri un uomo armato di fucile e apra il fuoco; al cinema o a teatro mi figuro una bomba a mano senza sicura che rotola sotto le file delle poltrone; in piazza, un giorno di festa, vedo la deflagrazione di un veicolo imbottito di esplosivo, l'allegria pomeridiana trasformata in massacro, il sangue che scorre fra le pietre del selciato, i pezzi di carne appiccicati ai muri o proiettati attraverso le finestre per atterrare nella minestra della domenica, sento le grida, i gemiti delle persone con gli arti strappati, come le zampe di un insetto da un bambino curioso, l'intontimento dei sopravvissuti, un silenzio strano, quasi incollato sui timpani, l'inizio della lunga paura. Calmo? Sì, sto calmo, qualunque cosa accada, non lascio trasparire nulla, resto tranquillo, impassibile, come le facciate mute delle città sinistrate, come i vecchietti sulle panchine dei parchi con i loro bastoni e le loro medaglie, come i volti a fior d'acqua degli annegati che nessuno ritrova mai.

[J. Littell, Le benevole, Einaudi, 2007]

martedì 10 maggio 2011

Echoes

Controindicazioni: Stai lontano da Bernhard!

Dopo sentire che squilla il telefono, rispondere, Pino. Allora parlare con Pino di Bernhard. E dirgli, a Pino, Se leggi Bernhard, le prime volte, apri un suo libro, ti sembra un demente che ripete sempre le stesse cose e ti dici, dirgli a Pino, come mai a Pino gli piace tanto quel demente di Bernhard, non me lo spiego. Dopo, dirgli a Pino, se riesci ad arrivare a pagina dodici, entri nella musica, prendi la malattia.

[...]

Gli dicevo Sai Pino cosa succede con Bernhard? Con Bernhard succede che se perdi il segno ritrovarlo è un casino. A tradimento gli facevo ogni tanto questi rilievi critici, a Pino, che lui rimaneva senza parole.

[...]

Allora, mi ricordo, all'epoca del nostro racconto mi dicevo, tra me e me, Stai lontano da Bernhard! Stai lontano, mi dicevo, che ti crescono dentro la bocca degli aggettivi che non vanno bene. Non vedi, mi dicevo, che ti viene da dire Disgustoso continuamente, pensavo. Che ti si riempiono le pagine di intercalari, pensavo. Ero in fila per pagare le tasse e pensavo Bisogna proprio essere dei luridi vermi disgustosi, pensavo, a fare la fila per pagare le tasse. Bisogna proprio avere la vocazione del verme, pensavo, a fare la fila per pagare le tasse, e arrivava il mio turno, Devo pagare anche qualche giorno di mora, dicevo, e intanto pensavo Proprio come un lombrico. Dopo pagavo. Duecentocinquantadue lire, la mora.

[P. Nori, Spinoza, Einaudi Stile Libero, 2000] 

lunedì 9 maggio 2011

Cementificare.

Il principe disse che in ogni testa d'uomo è insita una catastrofe umana commisurata a quella testa. Non occorre aprire le teste degli uomini per rendersi conto che in esse non c'è altro che una catastrofe umana.
- Senza la sua peculiare catastrofe umana, l'uomo non può esistere assolutamente- disse il principe. L'uomo ama la sua sventura e se per un attimo ne è privo, fa di tutto per ritrovarcisi immerso. - Quando guardiamo in faccia gli uomini, vediamo che o si trovano immersi nella loro sventura o sono alla ricerca della loro sventura. Non c'è uomo senza umana sventura- disse. L'uomo, secondo il principe, si trova senza posa in una situazione estremamente pericolosa, solo che non si rende conto di trovarsi ininterrottamente e sempre contro la sua volontà in una situazione estremamente pericolosa. Proprio questo gli permette di esistere, ma, nello stesso tempo, fa di lui un ammalato. - Moribondi- disse il principe [...] - Quando cerchiamo una persona- disse il principe- è proprio come se, per cercarla, ci aggirassimo a lungo in un immenso obitorio-.

[T. Bernhard, Perturbamento, Adelphi, 1981]