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giovedì 9 giugno 2011

Virtù.

Quando vedo qualcuno, mi vien voglia di dargli un pugno sul muso. E' così piacevole, picchiare la gente sul muso!
Sto seduto nella mia stanza e non faccio niente.
Ecco che qualcuno mi è venuto a trovare; bussa alla mia porta. - Entrate!- dico.
Entra e dice - Buongiorno! Come sono contento, di averla trovata a casa!
Io lo picchio sul muso, e poi ancora con lo stivale nel basso ventre. Il mio ospite, per il male terribile cade supino.
E io con il tacco sugli occhi!
E' meglio non andare da nessuna parte, quando non t'han chiamato.
Oppure così: offro all'ospite una tazza di tè. Lui acconsente, si siede al tavolo, beve il tè e racconta qualcosa. Io faccio finta di ascoltarlo con grande interesse, annuisco, dico Ah!, faccio una faccia stupida e rido. L'ospite, lusingato dalla mia attenzione, si lascia andare sempre di più.
Io, tranquillo, mi riempio una tazza di acqua bollente e la butto in faccia al mio ospite. L'ospite si alza di scatto e si prende la faccia con le mani. E io gli dico - Non ci sono più virtù nella mia anima. Se ne vada! - E metto l'ospite alla porta.

[D. Charms, Disastri, Marcos y Marcos, 2011]

Carpe diem.

Ho sentito questa espressione: "Cogli l'attimo".
Facile a dirsi, ma difficile a farsi. Per conto mio, è un'espressione priva di senso. Effettivamente, non si può esortare all'impossibile.
Dico questo con piena convinzione, perché ho sperimentato la cosa su me stesso. Ho provato a cogliere l'attimo, ma non l'ho preso mi sono solo rotto l'orologio. Adesso so che non è possibile.
Così come non è possibile "cogliere l'epoca" perché è come l'attimo solo più grossa.
Un'altra cosa, se dicessero: "Rappresenta quello che succede in questo momento". Questa è tutta un'altra cosa.
Ecco, per esempio: un due tre. Non è successo niente. Ecco che ho rappresentato un momento in cui non succede niente.
Ho detto questa cosa a Zabolockij, gli è piaciuta molto, è stato seduto tutto il giorno a contare: un due tre. E' quello che ha notato, che non succedeva niente.

[D. Charms, Disastri, Marcos y Marcos, 2011]

mercoledì 8 giugno 2011

I bambini non sono persone perbene.

Aveva ragione l'imperatore Aleksandr Vil'berdat, a isolare nelle città luoghi speciali per i bambini e le loro madri, gli unici dove veniva permesso loro di stare. Le donne incinte anche loro le mettevano là, dietro uno steccato, e non offendevano con il loro aspetto ripugnante gli sguardi della pacifica popolazione.
Il grande imperatore Aleksandr Vil'berdat capiva l'essenza dei bambini non peggio del pittore fiammingo Ternis, sapeva che i bambini sono, nel migliore dei casi, dei vecchi crudeli e capricciosi. L'inclinazione per i bambini è quasi la stessa cosa dell'inclinazione per i germi, e l'inclinazione per i germi è quasi la stessa cosa dell'inclinazione per la defecazione.
Non ha senso vantarsi dicendo: "Io sono una persona perbene perché amo i germi o perché amo la defecazione". Esattamente come non ha senso vantarsi dicendo: "Io sono una persona perbene perché amo i bambini".
Il grande imperatore Aleksandr Vil'berdat appena aveva un bambino cominciava a vomitare, ma questo non gli ha in alcun modo impedito di essere una persona molto perbene.
Io conoscevo una signora, che diceva che lei ci stava a dormire in una stalla, in una porcilaia con i maiali, nella tana di una volpe dovunque, solo non nei posti dove c'è odore di bambino. Sì, veramente, è l'odore più disgustoso e direi anche: il più offensivo.
Per una persona adulta la presenza dei bambini è offensiva. E ecco, ai tempi del grande imperatore Aleksandr Vil'berdat, mostrare a una persona adulta un bambino veniva considerata la massima offesa. Era peggio che sputare in faccia a uno, anche se lo si beccava, diciamo, in una narice. L' "offesa del bambino" dava origine in genere a un duello all'ultimo sangue.

[Disastri, D. Charms, Marcos y Marcos, 2011]

martedì 7 giugno 2011

Il centro esatto.

Fin dai tempi antichi gli uomini riflettevano su che cos’è l’intelligenza e che cos’è la stupidità. A questo proposito, io ricordo il caso seguente: quando mia zia mi ha regalato la scrivania, io mi sono detto: «Ecco qua, mi siedo al tavolo, e il primo pensiero che comporrò a questo tavolo sarà particolarmente intelligente». Ma a comporre un pensiero particolarmente intelligente non ci sono riuscito. Allora mi sono detto: «Va bene. Non sono riuscito a comporre un pensiero particolarmente intelligente, allora comporrò un pensiero particolarmente stupido». Ma anche a comporre un pensiero particolarmente stupido, non ci sono riuscito. Tutte le cose estreme da fare sono molto difficili. Le parti centrali si lascian trattare più facilmente. Il centro esatto non richiede nessuno sforzo. Il centro è l’equilibrio. Lì, non c’è nessuna lotta.

[Disastri, D. Charms, Marcos y Marcos, 2011]