Prima o poi, se sopravviverò, troverò il tempo di stilare un saggio sull'importanza del comico in Kafka, il più grande pornografo e anche pornomane della storia. Non è Sade. Il fantasma sadiano non ha nulla a che vedere con l'eros o il porno. Ho cominciato a leggere Kafka a quindici, sedici anni, ma non ero pronto. Non c'entra nulla lo scrittore di Praga con la coscienza. I critici letterari sono fuorvianti. Kafka è un monumento comico al concetto di porno. Parlo del freddo cadaverico del comico.
[...]
Mi sono espresso alla poveraccia un attimo fa. Parlare di "concetto di porno" è uno scadente ossimoro. L'"osceno" è per definizione quanto si sottrae al concetto. In quanto al "comico" non va mai confuso con la "commedia" o, peggio ancora con il "buffo". Così come il sentimento del "tragico" non va mai confuso con la "tragedia". Commedie e buffoni mi annoiano e mi ripugnano. Sono ammiccanti, intrattengono la gente, sono schifosamente sociali e socievoli. Gonfiano le gote e strabuzzano gli occhi come i rospi da cortile e si gonfiano a ogni applauso. Vogliono essere trasgressivi e sono consolatori. Repellenti.
Il comico è tutto l'opposto. Quanto di più asociale e libertino si possa concepire, se mai fosse concepibile. Comico e porno hanno ingoiato la mia vita, tutte le mie vite, come un serpente a sangue freddo. Fissando il buio a occhi chiusi come scriba e come attore, ho riso fino a farmi male. Il comico è cianuro. Si libera nel corpo del tragico, lo cadaverizza e lo sfinisce in un ghigno sospeso. C'è niente di più comico di un cadavere o di un abbacchio a testa in giù, sospeso a un gancio, di qualunque macelleria? [...] Il tragico che non si regge in piedi. Tutto ciò, questo riso malato, in Kafka abbonda.
[C. Bene, G. Dotto; Vita di Carmelo Bene, Milano, Bompiani, 1998]
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