mercoledì 21 settembre 2011

Loro, l'oro.

Sai, Vi, continua a tornarmi in mente quella notte a Messina. Quando, dopo aver tentato di comprare una racchetta anti-zanzare dal finestrino della Zafira in pieno delirio da festa patronale, siamo approdati a quella spiaggia. Ci siamo seduti a qualche metro dal bagnasciuga, coi piedi inzaccherati di sale e le mani che si muovevano distratte a disegnare cerchi concentrici sulla sabbia. Ruvidi al tatto, lasciavo che i granelli  scivolassero tra un dito e l'altro descrivendo traiettorie imprevedibili lungo i contorni delle mie mani. Ne sentivo appena il peso, la consistenza fluida, il suono liquido, come in un fresco fluire ininterrotto che mi increspava la pelle, ne apriva i pori, li lavava da tutto il livore. I nostri sguardi rotolavano lontani, calamitati dal braccio di mare dove Scilla e Cariddi si fanno la guerra da un milione d'anni o giù di lì.
La tua voce mi arrivava sospesa , aveva un colorito lunare, sorrideva sfocata.
A tratti si silenziava, lasciando un crepitio elettrico a solleticarmi la nuca.
Guardavo di sottecchi la tua schiena incurvarsi come in un abbraccio incompiuto.
Trascorrevano i minuti, muti, tagliati soltanto dal lavorio delle onde che s'accavallavano ai pensieri.
Di tanto in tanto, intimidita, sbavagliavo le parole. 
Le lasciavo libere di prendere il largo, di spiare le tue voragini, di accarezzare i tuoi buchi neri.
Così come abbiamo fatto negli ultimi quattro anni.
Ma quella sera tu eri lì, a vivermi accanto.
Quella sera non c'erano filtri o pulsanti da premere o microfoni che facevano i capricci.
C'era la tua faccia, trasparente come non pensavo l'avrei mai vista.
C'eravamo noi e c'erano loro.
Ti sei girato, d'improvviso, il tuo sorriso che si faceva incontenibile mentre ti perdevi a guardarli.
Ciccio, Petunia, Veronica.
Loro, l'oro.
- Adesso lo capisci perché sono cambiato?- mi chiedi.
Lo sai da come la mia bocca riprende il tuo sorriso che so, che ho capito, che sento anche io.
Che questi ragazzi non immagino davvero come facciano, ma riescono a far tacere il male che ti sei sepolto dentro, ad abbattere barricate a cui eri abituato come a una seconda pelle, a riportarti in superficie nonostante l'acqua ti abbia ormai bruciato i polmoni. Loro ti rianimano, lasciandoti lo spazio e il tempo necessario per rimetterti in sesto. Tu sai che non esagero, che con loro si ritorna alla vita, al desiderio, alla curiosità.
E il fatto più straordinario è che non se ne rendono affatto conto.
Noi non c'eravamo abituati a tutto questo, è un regalo troppo grande, mi sembra di non meritarmelo. 
Questi due anni ci sono corsi attraverso e c'hanno trafitto fino a tramortirci.
Io ho vissuto in una solitudine che ancora faccio fatica a trascinarmi appresso. 
Ma sono bastati quattro giorni.
Niente di più semplice.
- Soltanto sentirli ridere ti fa stare meglio- ti dico io. 
Forse è proprio la semplicità, la leggerezza, l'essere naif, come direbbe Giosuè, che magari è un insulto o magari no, ma non lo sapremo mai, quello che conta è che ha un bel suono. Era proprio questo che ci era indispensabile per sollevarci dall'oblio di noi stessi e degli altri.
- Questa è l'amicizia- mi dici. - Finalmente, questa è l'amicizia, nient'altro-.
Sì, Vi, questa è l'amicizia e ci sono dentro anch'io.
Insieme a te e a loro.
E lo sai cosa?
Sono felice.
Questo, mi sa che da me non l'hai proprio letto mai. 




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