sarà che ieri notte sono andata a dormire con david gilmour che mi piangeva hey you nelle orecchie.
sarà che, come mi dice zio nick al telefono, claudio lolli è il cantante dei suicidi, non è che sia proprio l'ideale infilarcisi dentro a vent'anni. vuol dire che qualche valvola inizia ad arrugginirsi e quel bum bum tra le costole decelera tra frequenze radiofoniche che iniziano a fare bzzz e finisce che non le ascolta più nessuno, anche se fanno una musica della madonna.
sarà che ieri ho ritirato fuori john fante da un angolo tutto impolverato.
ed è tornato bandini a ricordarmi che dovrei farmi una vita prima di poterci scrivere su.
ecco, sarà che ho capito di non avere niente da raccontare.
ma proprio meno di zero.
che la vita corre fuori dai miei binari.
e che mi hanno messo(mi sono messa?) su un carro merci diretto al macello.
sarà che stamattina mi son svegliata ed ho attivato l'applicazione aimemì dell'aiphone promosso dal mongio.
perciò il foglio bianco si becca 'sti lamenti random, scribacchiati col culo.
è come avere tante brevi fitte che ti trapanano la fronte.
sono piccoli precipizi di demotivazione che mi bucherellano la testa.
più o meno sono diventata uno scolapasta di punti interrogativi.
deve essere successo che mi sono addormentata e qualcuno mi ha inciso tra i neuroni la parola futuro.
poi ho aperto gli occhi, ho poggiato i piedi contro il pavimento, ho sentito che faceva troppo caldo per essere ottobre e ho mandato a fanculo il buco nell'ozono, l'effetto serra e i pesticidi chimici e tutti gli shampoo che ho buttato in mezzo ai rifiuti organici e la gente che usa troppo deodorante e i tubetti di profumo in omaggio, e il detersivo al limone nell'acqua del mio lavello e i piatti di plastica che fanno sciogliere la pasta e l'acqua che sa di petrolio bianco e di ferro mangiato da troppo ossigeno, però stava in offerta.
poi mi son versata il caffè, ci ho rovesciato la zuccheriera dentro, ma non è mai abbastanza dolce per storcermi il sorriso dall'altro lato.
e l'occhio mi è caduto sulle buste di insalata che traspiravano tossine sul pavimento della cucina.
ho iniziato a vedere le mattonelle annerirsi e trasudare macchie scure, che si espandevano sempre di più, mi circondavano, mi risucchiavano sotto i riflettori di una serra a 25° di temperatura standard, inculo ai cambiamenti stagionali, allo scioglimento dei ghiacciai, al protocollo di kyoto, alle lattughe radioattive di chernobyl. ecco, mi è caduto l'occhio su queste foglie da ruminanti accatastate una sull'altra e ho pensato che ci stiamo avvelenando, ma che non abbiamo altra scelta. che la terra è malata e ci cresce solo sabbia, neanche roccia, solo sabbia orticante che si arrampica tra i polmoni.
quando mi sono svegliata stamattina, ho lasciato quattro lacrime sul cuscino.
non venivano dalle mie frequenze radiofoniche annebbiate, no.
venivano dai miei sacchi lacrimali inquinati dai fumi delle centrali e dai veleni delle discariche.
che fino a cinque anni fa non ce le avevo mica io, le allergie.
come è successo che primavera ha iniziato a voler dire antistaminico?
io non me lo ricordo più, non me lo ricordo più davvero.
so solo che qualcuno questa notte è arrivato di soppiatto, ha sfondato le mie barriere antiossigeno si è divertito a scrivermi futuro sulla fronte con un pennarello indelebile.
ed io sono tornata indietro, ho tirato su le serrande e ho visto che c'era davvero troppa luce per essere ottobre. delle nuvole non se ne sente più parlare, sono come la morte.
che fin quando non ci si pensa, magari non arriva.
che fin quando si può andare in giro con gli occhiali da sole, non si deve guardare in faccia la gente.
che fin quando in cina coltivano lattughe in tre ore dentro loculi di compensato sotto raggi ultravioletti, qualcosa da mangiare si troverà pure.
e prima o poi ce ne andremo pure noi, no.
così non avremo più bisogno di preoccuparci di come sfangare questo sole cancerogeno.
ecco, qualcuno stanotte mi ha fatto pensare che esiste un futuro.
che sarebbe i giorni che passano.
e che l'apocalisse sarebbe una soluzione.
ma non dovremmo pensare di essere così fortunati.
P.s: una volta, passeggiando per le strade di roma, ho visto un ragazzo straniero.
al collo portava un laccio di cuio con un cartello che gli ricadeva sopra al petto.
"Sono troppo giovane, per non avere speranze".
Ho pensato che avesse ragione, lì per lì.
subito dopo che avrei dovuto farmene una ragione, prima o poi.
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