Per esempio sul finire della giornata ho conosciuto un anarchico triestino che ci siamo seduti fuori e abbiamo cominciato a parlare. Che lui diceva Questi tedeschi, stanno sempre a far la punta alle matite. E fin lì eravamo d'accordo. Dopo parlava dell'umanità. Diceva che c'erano stati dei progressi, rispetto alla sua infanzia, che i bambini di adesso eran più furbi, capivano prima. Che ai tempi di suo nonno, dalle sue parti, c'era un sacco di gente che doveva preoccuparsi del mangiare, diceva, non avevano mica tanto tempo di preoccuparsi dello spirito, del bene dell'umanità.
Io dicevo che se lui vedeva dei progressi, io questi progressi non li capivo, che il mondo mi sembrava un posto incomprensibile. Avere fame e cercar da mangiare, come al tempo di suo nonno, perlomeno lo capivo, le cose di adesso non le capivo. Che ci sono dei ragazzi, dicevo, che li chiamano ragazzi-azienda. Questi scelgono un'azienda e ne fanno la loro religione. Ci sono, in America, le ragazze Pepsi: si laccano le unghie con i colori della Pepsi e non escono con i ragazzi che bevono la Coca. Prima di uscire gli chiedono Tu sei per la Pepsi o per la Coca? E quelli che tirano i sassi dai cavalcavia, gli dicevo, li capisci tu? Io non li capisco. Non so cosa fare, vado a tirare un sasso dal cavalcavia. E quelli che muoiono di anoressia, li capisci? Io, morire di fame lo capisco: non hai da mangiare, muori di fame. Morire di anoressia, no. Che morire perché vuoi assomigliare a una che hai visto nelle fotografie, mi sembra che nella tua testa hai qualcosa che non va bene, dicevo. Rispetto a quello che non aveva niente da mangiare, che tutto il giorno doveva pensare a trovar da mangiare, mi sembra che a noi, nella testa, con la sazietà, ci è cresciuto qualcosa che non va bene, dicevo.
Quello che descrivi tu, mi diceva il triestino, è il buio. Ma c'è anche la luce, mi diceva.
E dov'è, la luce, gli chiedevo.
La luce, mi diceva, non si vede.
[P. Nori, Spinoza, Einaudi Stile Libero, 2000]
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