sabato 18 settembre 2010

Pazzia: istruzioni per l'uso (un simpatico trattatello di amore per il prossimo).

Poniamo di avere due interlocutori, A e B.
(avremmo, nella realtà dei fatti, una lista piuttosto lunga, a dir poco interminabile, di nomi e cognomi con tanto di fototessera segnaletica da presentare come soggetti del nostro studio, ma la nuova rigida legislazione sulla privacy ci impone serie limitazioni nella divulgazione di questo tipo di informazioni).
 Mettiamo dunque che A e B vengano a trovarsi in una fase critica della loro relazione, che sia di amicizia, scopamicizia, amore clandestino, amore incestuoso, rapporto padre-figlio, nuora-genero, suocera-consuocera etc. Poniamo che l'uno voglia liberarsi dell'altro o che l'altro voglia liberarsi dell'uno o che l'uno e l'altro vogliano farsi fuori reciprocamente per questioni di divergenze inconciliabili.
(perchè sempre di divergenze inconciliabili si tratta, no?)
E quando viene meno la comprensione, precedenti casi clinici ce lo dimostrano, entra in gioco il fattore pazzia. O per meglio dire, l'accusa di pazzia.
L'accusa di pazzia è un'arma utile, ma fondamentalmente a doppio taglio.
Se il soggetto A, rivolgendosi al soggetto B, lo addita come pazzo, lo fa al proprio o pubblico ludibrio, proprio perchè "il pazzo"come carattere archetipico del nucleo sociale tribale è il personaggio al margine, il capro espiatorio, la vittima sacrificale, il colpevole costretto all'ostracizzazione da parte della comunità tutta, sotto unanime giudizio. C'è per tanto nel dare del pazzo ad un proprio simile (o dissimile, a vostro piacere) una sorta di potere primitivo che affonda le proprie radici nel sistema rituale della comunità archetipica. Questo, lo evincerete facilmente, conferisce all'atto una certa autorevolezza, fatto per cui l'accusa di pazzia diventa atto performativo. Se A accusa B di essere pazzo, la comunità tenderà ad assumere che B sia definitivamente pazzo, o come minimo a nutrire un alto grado di sospetto sulla pazzia di B.
Il problema di fondo in tutto questo è che la pazzia è cosa difficile da esser comprovata oggettivamente.
Quali sono i criteri che stabiliscono cosa è sintomo di pazzia o cosa non lo è?
Il fatto che io parli quasi prevalentemente da sola o con personaggi creati dalla mia immaginazione non deve essere necessariamente inteso come un segno incipiente di follia. E' semplicemente possibile che non mi interessi interagire con il resto dell'umanità che mi circonda, o quasi. Il fatto che non mi interessi interagire con il resto dell'umanità che mi circonda non deve necessariamente essere interpretato come un sintomo di una aggravata asocialità, ma può essere imputato al quasi totale disinteresse o senso di rifiuto che le argomentazioni di cui si discute intorno a me mi suscitano.
Insomma, il fatto che io sia pazza non è comprovato. Molti direbbero soltanto che io sia stronza. E farebbero bene. Perchè non basta essere disadattati per essere pazzi, non basta sforzarsi di soffrire di personalità multipla, non basta contraddirsi volontariamente di continuo, non basta inventarsi una seconda, una terza, una centesima identità da spacciare per la propria.
Serve qualcosa di più. Serve che il pazzo non abbia nè coscienza nè intenzione di esserlo. E' necessario che l'ostracismo da parte della comunità avvenga mentre il soggetto in questione continua a domandarsi perchè tutto questo sta avvenendo. E tutto questo deve essere autentico. Il pazzo non deve rivendicare la propria pazzia come una forma di vanto, nè come una condizione di subordinazione o di disagio personale rispetto agli altri, ai sani, per scatenare la compassione di questi ultimi e riceverne un senso di conforto. L'isolamento del pazzo è tale che la sua impossibilità di interagire è una condicio sine qua non, non una scelta (seppur dettata da validissimi motivi, eh.)
Io non credo al pazzo che rivendica la pazzia come sua patologia esclusiva.
Non ci credo perchè nè ho visti troppi di casi simili e perchè anche io, essendo fatta di carne e di schifezze come Palazzolo ci insegna, a volte mi sono lasciata andare a manifestazioni di pazzia che altro non erano che mere richieste d'attenzioni.
Perciò, per concludere, se il soggetto A e il soggetto B si incartano in una discussione analoga alla seguente:

"Mi stai forse dando del pazzo?"
"Pazzo? Dare del pazzo a te sarebbe un insulto ai pazzi!
Scordatelo di essere pazzo!"
"Ah sì, eh? Allora non sono pazzo, eh? Sei forse pazzo tu?"
"Sicuramente più di te!"
"VUOI ESSERE TU IL PAZZO? "
"Certo che sono pazzo, tu hai sempre e solo fatto finta!"
"Io sono il pazzo, scordatelo, non faccio altro da una vita!"

vi hanno incastrato.

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