sabato 27 agosto 2011

Il contesto.

Dentro il problema di una serie di crimini che per ufficio, per professione, si sentiva tenuto a risolvere, ad assicurarne l'autore alla legge se non alla giustizia, un altro ne era insorto, sommamente criminale nella specie, come crimine contemplato nei principi fondamentali dello Stato, ma da risolvere al di fuori del suo ufficio, contro il suo ufficio. In pratica, si trattava di difendere lo Stato contro coloro che lo rappresentevano, che lo detenevano. Lo Stato detenuto. E bisognava liberarlo. Ma era in detenzione anche lui: non poteva che tentare di aprire una crepa nel muro.


"Ma non tutti sono innocenti" disse Rogas. "Dico: quelli che capitano nell'ingranaggio."
"Per come va l'ingranaggio, potrebbero essere tutti innocenti."
"E allora si potrebbe anche dire: per come va l'innocenza, potremmo tutti cadere nell'ingranaggio."


"Detesto ogni tipo di scommessa. Non voglio correre il rischio di vincere. E ho un debole per le sconfitte, per gli sconfitti. Posso dirle che vado scoprendomi un certo amore alla rivoluzione: appunto perché è ormai sconfitta."


Irritato, Cusan pensò: sono i libertini che preparano le rivoluzioni, ma sono i puritani quelli che le fanno; e che loro, i due avvinghiati, tutta la generazione a cui appartenevano, mai ne avrebbero fatta una. Forse i loro figli: e sarebbero stati puritani.


E intorno al pensiero della fine, della morte che lo attendeva nel canyon, lentamente si rapprese un senso di quiete, forse anche il sonno. Come una trasparenza: oltre la quale i fatti, le persone, le cose ora si accampavano come in quarantena. Disinfettati. Asettici.


[L. Sciascia, Il contesto, Milano, Feltrinelli, 1999]