venerdì 3 settembre 2010

(sono dentro into the wild?)

c'è il fatto che stasera a cena ho alzato lo sguardo e ho sbattuto contro il vetro della finestra.
la mia apatia liquida s'è fracassata contro i quadretti viola della tovaglia, quella con gli gnomi tutti sporchi del thè che ci avevo rovesciato sopra ieri- me li ricordo gli gnomi in tivvù, quando ogni mattina ci passavo davanti mentre mia madre mi teneva ferma sulla sedia e mi pettinava i capelli, o forse erano folletti, sì dovevano essere folletti, e sorridevo alle sue mani buone e alle sua pelle tutta di crema, sorridevo ai suoi capelli uguali ai miei e alla sua schiena, ma mai alla sua faccia, mai alla sua faccia-
poi i miei occhi hanno curvato lungo le ammaccature del bicchiere, sono risaliti lungo il contorno mangiucchiato delle mie unghie sulla mia faccia e sono saltati nel buio.
per un istante, ho provato il terrore, poi più niente.
non era un buio da buco nero, l'apertura di un passaggio dopo un viaggio nel tempo.
era un buio diverso, più spesso. aveva la consistenza del miele, potevo afferrarlo con le mani, passarmelo sotto la lingua e lasciare che si sciogliesse lentamente. febbrili filamenti di buio contro le mie papille gustative ad ingoiare tutto il silenzio di questa sera.
(la sera è un'agonia, tanto quanto la notte a volte fa paura, tanto quanto il giorno a volte fa morire).
non c'erano colori sulle mie labbra, il nero se li beveva tutti. e io non sentivo più sapori.
non era nè amaro nè dolce, quel buio.
dentro le mia bocca si azzeravano le sensazioni.
mi guardavo anestetizzarmi fino a perdere i sensi, ma non svenivo mai. restavo in piedi sull'orlo di un dirupo a sentirmi evaporare, anche se continuavo ad esistere, ad essere lì, ad avere un nome.
mi strappavano il tatto di dosso e mi ricoprivo di carta vetrata, all'improvviso.
c'è stato quel momento, esattamente prima del salto nel buio, ecco, in cui ho sentito un interruttore spegnersi da qualche parte. ero diventata parte dello sfondo, di una natura morta e niente affatto commestibile.
ho pensato che da quasi un anno vivo in una condizione di solitudine quasi permanente.
che non riesco più a parlare, che non trovo più niente da dire, che il contatto con gli altri mi spaventa, perchè è quello di cui avrei più bisogno adesso. un abbraccio da chi vorrei riceverlo.
ho pensato che mi sto prosciugando a poco a poco e che quasi nessuno conosce troppo di me perchè non sono riuscita mai a raccontarmi, se non a un paio di persone. chi mi ha vista crescere si trova davanti una sconosciuta. chi mi ha incontrata un anno fa ha ha in mente il ricordo di una persona che probabilmente non sarò più.
questa sera sono annegata nel buio e prima che la luce si spegnesse ho capito che tutto questo spazio vuoto intorno mi sta prendendo alla gola, mi sta strangolando.
avrei bisogno di voci, risate, mani da tornare a sentire mie.
non riuscirò ad andare avanti per troppo così.
ho desertificato tutto quello che c'era di vivo.
e adesso rimango appesa a un battito e a un respiro.
(il mio elettrocardiogramma dà una linea troppo piatta per dire che sono morta.
la realtà è che non so dove sono andata a finire).

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